IL FAVOLOSO MONDO DI SOLAIKA

Alle volte il futuro precede il presente. Succede quando qualcuno di molto giovane riscuote consensi di pubblico e di critica degni di un veterano.  Stiamo parlando della più giovane Ambasciatrice del Gusto, Solaika Marrocco, chef di Primo Restaurant a Lecce, che ha ricevuto importanti riconoscimenti, come Miglior Chef Emergente per Gambero Rosso, Miglior 30 Under 30 per Forbes Italia, Premio Birra Moretti Grand Cru 2017.

Solaika in che maniera ti definiresti? Quale aforisma ti sembra che sia adatto a te?

Il termine perseveranza mi descrive alla perfezione.

Una frase che mi calza a pennello, invece, è quella di Zig Zagler “your attitude not your aptitude, will determine your altidute” (il tuo atteggiamento, non la tua attitudine, determinerà la tua altitudine).

Ricordi i tuoi primi passi in cucina?

Mi si ferma il cuore quando penso al momento della spesa con mamma. Lungo il tragitto c’era un panificio che attirava la mia attenzione, un posto magico dal quale non riuscivo a staccare lo sguardo, anche quando ormai eravamo lontane. In quello stesso posto sono andata a lavorarci (o meglio, a dare una mano, visto che avevo solo dieci anni). Mi fermavo dopo scuola e ci rimanevo fino a quando non diventava buio. Quella è stata la prima volta in cui ho capito quanto sacrificio c’è dietro questo mestiere, l’ho letto nelle mani stupendamente segnate dal lavoro del maestro panificatore.

Perché hai scelto di sposare la causa della cucina?

Della cucina mi ha rapito praticamente tutto. Cucina è passione allo stato puro, è stimolo continuo, è responsabilità, soprattutto. Ho sempre pensato che cucinare per qualcuno sia uno degli atti d’amore più antichi e sinceri che ci sia. È come se il cliente, prenotando, si affidasse completamente a noi. È un noi che sottolineo perché fare ristorazione vuol dire dare un’idea di team, d’insieme, senza fronzoli, senza primedonne. Cerchiamo costantemente di anticipare le esigenze della clientela proponendo un’identità sempre più definita della nostra offerta. Certo, questo comporta tanto tempo da dedicare allo studio, alla sperimentazione, al costante aggiornamento.

A proposito dello studio, quanto è importante per te?

Lo studio è fondamentale perché non si finisce mai di imparare. Prendere consapevolezza delle proprie capacità e conquistare gli obiettivi prefissati serve solo ad alzare ulteriormente l’asticella, sfidando noi stessi al rialzo. Dobbiamo essere al passo con i tempi, con prodotti diversi, contaminazioni diverse, diverse metodologie di cottura. Non c’è innovazione senza tradizione, anzi, dirò di più, ho la sensazione che oggi la vera innovazione sia la tradizione stessa.

Come scateni il tuo processo creativo?

Non c’è un tasto con su scritto ON per avviare il processo creativo. Noi chef siamo folli, nell’accezione più positiva del termine, siamo professionisti-artisti che applicano scienza e conoscenza. In quanto creativi non possiamo sempre seguire regole precise nel nostro lavoro. Ad esempio, mentre scrivo, sto pensando al baccalà che presto inserirò tra i secondi.

Da ex-studentessa che consiglio daresti ai giovani frequentatori dell’alberghiero? E agli insegnanti?

Ai ragazzi dell’alberghiero posso solo consigliare di prefissarsi degli obiettivi da perseguire con tenacia e totale dedizione, e di acquisire la consapevolezza che il loro studio non terminerà con il diploma, ma andrà avanti per sempre. Auguro loro di muoversi spinti da una curiosità senza limiti. In generale il piano didattico dovrebbe prevedere più ore per i laboratori, dovrebbe permettere agli studenti di ‘’sporcarsi le mani’’ per più tempo possibile. Ai professori, direi, da ex-studentessa: cercate di stimolare il più possibile i vostri ragazzi! Siate la loro finestra sul mondo, siate il loro esempio, incoraggiatali.

Quanto ti senti figlia del Salento, di questa bellissima e fragile passerella sul mare, di questo ponte antico fra i mondi?

Non sono solo figlia del Salento. Ma sono parte viva di esso. Sono privilegiata perché posso svolgere il mio lavoro in questa terra infuocata e bellissima. E cerco di renderle giustizia e di portarla oltre i confini del becero provincialismo.

Il piatto che ormai ti identifica? E quello che preferivi quando eri ancora una ragazzina?

Uno dei piatti che più mi identifica è senza dubbio la Parmigiana, che ho in menu dal 2017.

Ho sempre adorato la pasta al pomodoro, da piccola così come ora.

Tua madre: che cuoca e che mamma è?

Questa domanda mi colpisce dritta al cuore. Mia madre per me è tutto. Una mamma meravigliosa, una donna da cui ho tanto da imparare e una cuoca che mi ha trasmesso la passione e il senso del rispetto, assieme ad una fondamentale dose di sensibilità.

C’è qualche piccolo produttore che intendi ringraziare?

Intendo ringraziare tutte quelle persone che ogni giorno lavorano assieme a noi per continuare ad elevare la qualità della nostra offerta. Con loro abbiamo impostato un rapporto diretto, caratterizzato dalla fiducia e dalla trasparenza.

Ragazze terribili di Puglia, avanti tutta! Soprattutto qui in Salento sembra diventare sempre più rosa e sempre più giovane la categoria degli chef. Condividi?

Credo che le differenze di genere saranno davvero superate nel momento in cui non si noteranno più. Il merito deve essere l’unico parametro, il solo metro di valutazione quando si giudica uno chef. Non c’è alcuna rivoluzione rosa in atto e noi non siamo eroine. Certo, si registra una certa evoluzione rispetto al pensiero stagnante, tradizionalista e limitato, che il territorio sta ben accogliendo.

Concludi con una promessa e con una dichiarazione d’intenti.

Prometto eterna fedeltà ai miei valori e ai miei principi, quelli che mi hanno portato sin qui. E intendo continuare a cucinare e a trovare sempre un buon motivo per farlo in questa terra, bella, difficile e a volte surreale. Non la abbandonerò, anzi cercherò di coccolarla il più possibile…e di deliziare tutti.

Questa intervista è stata realizzata in collaborazione con Mario Pennelli Bolivar.